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La strategia difensiva per il forte di Gomagoi prevedeva che fattorie
e edifici situati nell’area retrostante allo stesso dovessero
essere abbattute immediatamente in caso di guerra. Sussisteva infatti
il pericolo, che il nemico aggirasse il forte passando dalle creste
montuose e sorprendesse i pochi e deboli posti di guardia, il cui compito
era quello di coprire i fianchi del forte, ed in questo modo attaccasse
la fortezza dal retro. In questo caso i pezzi d’artiglierie e
le mitragliatrici del forte dovevano avere il capo di tiro libero pure
in quella direzione. Le case, che potevano dare riparo al nemico, dovevano
sparire. Malvolentieri, quindi, il comandante di difesa diede il via
all’abbattimento dei suddetti edifici.
Nella notte del lunedì di Pentecoste (siamo nel 1915, annotazione
mia), i soldati iniziarono a recarsi nelle case in questione dicendo.
“Gli ordini sono ordini, ci dispiace”.
Il vecchio Bachegger, che stava trascorrendo la notte nella poltrona,
ascoltava attentamente. Nel corridoio sentiva il mormorio e il bisbiglio
delle donne e capì subito. Prese il suo bastone e si recò
in corridoio. Le donne lo guardavano con uno sguardo timido. Solamente
Vroni, la moglie di suo nipote, si avvicinò e lo prese per un
braccio. “Nonno …”. Il vecchio alzò la mano
in segno di rifiuto. „Non parlare, Vroni, lo so”. Accese
una lanterna e con passi lenti andò nella stalla. Le mucche,
sdraiate sulla poca paglia, girarono la testa verso di lui. Un anno
fa c’era ancora, l’imponente baio, l’orgoglio della
fattoria. Poco dopo lo scoppio della guerra dovette darlo via e adesso
si trovava in Galizia, là dove i giovani della sua famiglia stavano
combattendo contro i Russi. Sarà ancora vivo, il baio, che per
dieci anni ha tirato dietro di sé l’aratro sui campi pietrosi?
Con passi pesanti iniziò a salire pian pianino la scala vacillante
fino a raggiungere il fienile. C’era ancora abbastanza fieno.
Sarebbe bastato fino a giugno, fino a che il bestiame fosse stato condotto
alla malga di Kleinboden. Però ora sui pascoli c’erano
gli Schützen, che scavando trincee e camminamenti coprivano l’erba
fresca con la terra sassosa. Sì, questa era la guerra. La vita
dei contadini di frontiera nel sud tedesco divenne dura.
Con passi insicuri il Bachegger si recò poi nella cameretta da
falegname e si sedette sul banco per gli intagli. Tutti gli attrezzi
appesi, le seghe, le accette con i manici lunghi, i vari coltelli ed
i cunei di ferro erano diventati dei vecchi amici. Per decenni le sue
mani li avevano afferrati e lui considerava i grossi calli provocati
dal duro lavoro delle medaglie d’onore. Per cento anni aveva vissuto
in questa fattoria, di cui tre quarti erano segnati dalla fatica e dalle
preoccupazioni. Aveva visto partire in guerra figli e nipoti, aveva
dato via il cavallo e le migliori vacche senza lamentarsi. Con un piccolo
cenno del capo aveva accettato tutti questi sacrifici. Un solco in più
sul campo scompigliato della sua faccia non cambiava più nulla
al vecchio di ferro. Però, oggi, per la prima da quando era bambino,
cadde una lacrima dai suoi occhi semispenti. Rimase appesa alla sua
mano e brillava come una gemma spersa. Quel giorno il mondo intorno
a lui crollò, non poteva più approvare il tutto solamente
con un semplice cenno e caricarsi sull’anima il peso senza dire
nulla. In quel momento smise di essere un uomo adulto e divenne di nuovo
bambino, come cento anni fa.
Con mano tremante prese la lanterna e scese giù per le scale.
La gente nelle case del vicinato si erano gia svegliate da parecchio
tempo. I soldati portavano armadi e casse, le donne e i bambini la biancheria
e diversi altri oggetti fuori delle case. Attraverso le porte e le finestre
si vedevano le luci tremolanti che illuminavano l’interno. Una
dozzina di carri, molto carichi, si trovavano sulla strada e la gente
portava ancora altri mobili e oggetti.
Un ufficiale metteva fretta alla gente. “Avanti, non c’è
più tempo.” Quando qualcuno lo prese per una manica, si
girò ed un vecchio stava davanti a lui. La sua faccia era piena
di rughe e grinze, le sue mani erano rugose e la pelle come della pergamena,
quasi come quelle di una mummia.
“Signor Ufficiale, non ci levi l’ultima cosa che abbiamo,
ci lasci la patria”, chiese il vecchio, mentre l’emozione
faceva tremare tutto il suo corpo.
“Non la prenda così Bachegger, c’è chi penserà
a lei e ai suoi cari” gli rispose l’ufficiale cercando di
calmarlo. “Quello che sta succedendo e indispensabile e io devo
fare il mio dovere da soldato“.
La faccia del vecchio si trasformò in una smorfia misteriosa.
“Signor Ufficiale, qui tutti facciamo il nostro dovere. I miei
figli e nipoti si trovano sul fronte, dei miei pronipoti tre sono sepolti
in Russia e due si trovano in ospedale“. Congiunse le mani in
un gesto di preghiera. “Ho cento anni sulla gobba, una vita piena
di fatiche e tormenti. Signore, ci lasci la patria.”
L’ufficiale si girò senza dire niente. Era l’esecutore
di una volontà che non era la sua. Ogni sua parola perdeva qualsiasi
significato dinanzi alla disgrazia dell’anziano che era legato
da cent'anni alla sua terra. Sui carri le donne singhiozzavano.
Gli artiglieri iniziarono quindi a portare casse con dinamite nelle
cantine delle case. Risuonarono i fischietti di segnalazione e un caporale
si avvicinò rapportando: “Tutto pronto!”. I soldati
misero in movimento i carri. I carri si allontanavano uno dopo l'altro
con mucche, capre, donne e bambini. In coda alla carovana il vecchio
con passi insicuri seguiva l’ultimo carro.
Ad est sorgeva il sole. I soldati corsero nelle case vuote, saltarono
quindi fuori delle finestre e si misero al riparo dietro il forte.
In lontananza si sentiva il sordo muggire di una vacca come un lamento
sommesso.
Potenti colpi fecero tremare l’aria. Nelle valli ancora addormentate
rimbombava l’eco delle esplosioni. Gomagoi non esisteva più.
Era la prima vittima di questa guerra. Sul tratto di via verso lo sbocco
della valle c’era un anziano immobile, come se fosse stato pietrificato
da un brutto incantesimo. Con gli occhi spalancati fissava la nube di
fumo denso e polvere che s’innalzava verso il cielo.
Il retro della fortezza era libero.
…
tratto dal libro Das
Fähnlein von Trafoi p. 42 - 45